sabato 5 novembre 2011

Same old story...



Guardo le immagini della Liguria colpita dall'alluvione, penso alle case distrutte dal fango e alle persone che hanno peso la vita: è tutto assurdo.
Non ho altri aggettivi.
Non è natura che si ribella, siamo noi esseri umani che, troppo spesso, siamo degli imbecilli!
Massì, costruiamo le case a 10 metri dal fiume, tanto cosa può succedere?!
Massì, usiamo materiale scadente pur sapendo che L'Aquila è in una zona a forte rischio sismico...
Massì, sbattiamocene le palle dei permessi edilizi, tanto poi condonano tutto...
E' la solita vecchia storia...

Cito un articolo di Mario Tozzi, Geologo e ricercatore del Cnr, pubblicato oggi su vanityfair.it:

"Ma che cosa dovrebbe fare un fiume cui è stato sottratto il suo corso, se non riprenderselo nel momento della piena? E che cosa dovrebbe succedere alle costruzioni impiantate in una zona di Genova che si chiama La Foce? La bulimia costruttiva degli italiani è il vero problema del dissesto idrogeologico nel nostro paese, più dei disbosacmenti e degli incendi: da noi ogni anno si perdono 200.000 ettari di territorio, conto i 10.000 del Regno Unito.
Da noi si permette di costruire dove non si dovrebbe e piani casa e condoni edilizi fanno il resto, sanando anche l’abusivismo pericoloso.

Ma i nostri amministratori, e spesso anche i cittadini, hanno dato la colpa a tutto, fuorché alla loro scarsa capacità di pianificare il territorio. Stretti alla gola dalla crisi economica hanno continuato a far soldi concedendo licenze edilizie dovunque e sanando gli abusi, non hanno demolito e hanno costruito opere inutili non destinando nemmeno un euro alla manutenzione del territorio. Bisoga dirlo chiaro: alle Cinque Terre si viveva solo grazie a un patto con la natura che consisteva nel lavorare con fatica e senza sosta un territorio in linea di principio inospitale per gli uomini.
Il turismo di massa ha concesso benessere, però ha favorito l’abbandono delle campagne e i risultati si vedono. Nessuno può vivere impunemente in condizioni di pericolo, come anche a Genova, dove i suoi cinque corsi d’acqua sono stati tombati da decenni e ora esplodono come è naturale che sia, altro che messa in sicurezza. Non è un problema ingegneristico o idraulico, è un problema culturale. E non è solo un problema di risorse: è vero che nella finanziaria 2012 spariscono i 500 milioni destinati alla difesa del suolo, ma è anche vero che si favoriscono da troppo tempo situazioni di pericolo. Infine ci si è spinti anche a dare la colpa agli ambientalisti, colpevoli di impedire la pulizia dei fiumi. Qui siamo alla follia: tronchi morti e detriti, o rottami debbono essere rimossi dagli alvei e anche gli ambientalisti sono d’accordo. Ma è paradossale che quei sindaci, con il fango alla vita e i morti e i dispersi nel proprio territorio, sommersi dalle auto accatastate, sentano di dare la colpa a chi davvero non c’entra niente e non si assumano mai, dico mai, nemmeno un ombra di responsabilità.

In Italia muoiono, per frana o alluvione, sette persone al mese e ogni tre quarti d’ora il terreno smotta in tutta la penisola, visto che quasi la metà del territorio è a rischio idrogeologico. (...)"

Quanti altri morti ci vorranno per capire?

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