domenica 22 dicembre 2013

Paris makes me happy

Io, in genere, sono una persona abbastanza razionale. Ci sono cose, però, che non riesco a spiegarmi, nonostante mi interroghi spesso sul loro significato.
Un esempio su tutti: il mio amore per Parigi.

E pensare che io non sono QUEL tipo di ragazza. 
Non lancio urletti di gioia di fronte ad una confezione di macarons, non ho il santino di Coco Chanel nel portafogli, non passo ore in stato di estasi di fronte alle vetrine di Louis Vuitton e ancora non mi sono fatta una ragione del fatto che i francesi non usino il bidet.

Eppure...
Io quando sono a Parigi sono felice.
Non so quale strana sostanza spargano nell'aria, o quale tipo di ingrediente segreto mettano nei croissant che mangio la mattina: fatto sta che mi pervade uno strano e ingiustificato senso di benessere, che proprio non saprei descrivere.
Nonostante il freddo, il vento, i piedi doloranti dopo una giornata di marce forzate da un monumento all'altro e la proverbiale "simpatia" dei parigini, io STO BENE.

Onestamente non so se ci vivrei, non mi sono mai posta il problema, ma ci sono tanti piccoli elementi di questa città che amo, tanti piccoli dettagli sommati uno all'altro: i palazzi ordinati del centro, con le case che terminano in angoli sempre più stretti man mano che ci si avvicina all'incrocio delle strade, le vetrine dei caffè, le stazioni della metropolitana rivestite di piastrelle bianche, come il vecchio bagno di mia zia, i musei in cui vorrei perdermi, quelle zuppe buonissime che dio solo sa cosa ci mettono dentro. 
Mi piace il fatto di poter trovare il faccione di Salvador Dalì che mi intima di fare silenzio, così, su un vecchio muro; mi piace andare ai giardini delle Tuileries, sedermi di fronte all'enorme vasca della fontana e guardare i passanti; mi piace soprattutto il modo in cui i parigini sanno essere padroni della propria città, la naturalezza con cui, dopo il lavoro, comprano una bottiglia di vino e vanno a fare un aperitivo su una panchina sul lungosenna, o i pic nic improvvisati della pausa pranzo, in qualche parco.

Forse Parigi mi piace tanto per via dei ricordi che evoca nella mia mente, come la storica gita di classe in quinta superiore, o un abbraccio silenzioso nei cortili del Louvre, in una fredda notte di marzo di qualche anno fa.

O forse, ripensandoci, mi piace semplicemente perché è una città che incita a sognare: alla fine, volenti o  nolenti, siamo tutte un po' Amelie.





sabato 2 novembre 2013

Halloween, film e cinema di provincia

Halloween: anche quest'anno ce lo siamo levato dalle palle.
OH!
Non nutro un grande amore per questa festività. Anzi, ad essere onesta non la sopporto proprio, così come non sopporto le ricorrenze in cui "bisogna divertirsi per forza": Capodanno, Carnevale, Ferragosto... A me mettono ansia. 
O meglio, mi mette ansia quest'ossessione del doversi per forza "disfare", del dover fare qualcosa di eccezionale solo perché la data sul calendario lo richiede. 
Uscire di casa già con l'idea del "DEVO divertirmi tantissimo" (che tradotto nel linguaggio del ventenne medio significa "DEVO ubriacarmi e tornare a casa conciato nammerda"): secondo me è l'aspettativa che rovina tutto. O almeno, nel mio caso è così.

Le serate più divertenti della mia vita sono iniziate in modo assolutamente tranquillo: nessuno aveva fatto grandi progetti, non ci aspettava nulla... E invece sono quelle che ricorderò per sempre, quelle a cui ripenserò quando sarò una vecchia babbiona, quelle che mi strappano un sorriso al solo nominarle. 
Quelle sere lì insomma.
Ecco, magari non ricordo proprio tutto-tutto... Però d'altra parte è proprio questa memoria "a macchie" che mi fa pensare che siano state proprio delle gran serate!

Insomma, non mi piace la pressione del "divertimento a tutti i costi", non mi piace l'idea di farmi fregare un sacco di soldi per entrare in un locale che di norma costerebbe la metà, non mi piacciono i drink a 15 € e soprattutto non mi piacciono i resoconti etilici dei giorni seguenti, sbandierati su Facebook come se fossero grandi gesta eroiche: a me, della vostra progressione alcoolica prosecco-Montenegro-vodka liscia-acqua ragia non me ne può fregare di meno.

(Ok, lo confesso: in realtà il mio odio per Halloween deriva dal fatto che l'ultima volta che sono andata ad una festa avevo un travestimento BELLISSIMO da Rambo -si, Rambo: cazzo ridete?!-, ma nessuno mi si filava perché erano tutti impegnati a sbavare per le porno-zombie, porno-gatte, porno-streghe. Ecco.)

Fatta questa debita premessa, vi racconto come ho passato la serata del 31 ottobre.
Dopo una settimana di peste bubbonica, in cui non ho letteralmente messo il naso fuori di casa, ho deciso che forse era il caso di vedere se l'umanità, all'infuori del mio appartamento impestato dall'influenza, esistesse ancora. 
Sento la mia migliore amica: "cosa fai, cosa non fai,...", e viene fuori che una coppia di nostri amici l'ha invitata al cinema a vedere un film serbo, The Parade.

Una commedia SERBA. 
Al cinema di Seregno.
SOTTOTITOLATA.

"Vuoi venire?"

Io quando sento parlare di Balcani mi emoziono a prescindere (ve l'ho FORSE già detto duecento volte, ma io in Bosnia ci ho veramente lasciato un pezzo di cuore): il tempo di darmi un tono e una mano compatta di fondotinta per mascherare il colorito da zombie (ad Halloween: ironico, no?) ed ero già in macchina.

Immaginatevi uno di quei cinema di provincia, quelli in cui io e i miei coetanei andavamo alle medie il sabato pomeriggio, prima che i multisala li costringessero quasi tutti alla chiusura. Quelli con le file di sedie strettissime, con le sedute che si aprono e i tendoni di velluto pesante all'ingresso. Quelli in cui varchi l'ingresso e la mente va subito a Nuovo cinema Paradiso

Insomma, inizia il film, e dopo 10 minuti ho già capito che è bellissimo. Sono anche esaltata perché riesco a capire qualche parola in serbo (quasi tutte parolacce, ça va sans dire..), ma questa è un'altra storia.




The Parade è una commedia in cui si mescolano risate e riflessioni, in cui si parla con ironia di omofobia, di diritti civili, di multiculturalismo in un'area dell'Europa che ancora sta affrontando l'eredità lasciata dalla guerra. Divertente (molto!), commovente (sul finale), è impossibile non volere del bene a questi personaggi, tanto strani ma anche tanto simili a noi.

Io sono pessima nel raccontare i film  e il trailer non rende assolutamente giustizia: fidatevi e andate a vederlo, se lo trovate.


Ed eccoci giunti al tasto dolente di tutto ciò: se lo trovate.

Già, perché se non hanno speso due lire per doppiare questo film (che oltretutto ha vinto premi al Festival di Berlino), dubito che le abbiano spese per distribuirlo.
Mentre dell'ultimo film di Checco Zalone sono state distribuite 1200 pellicole solo in Italia, di questo e di molti altri non si è praticamente sentito parlare. 

1200 pellicole sono un'enormità. Vuol dire che questo film è ovunque, in ogni cinema, da Aosta ad Aiello Calabro.
Non sto sindacando sul fatto che i film di Zalone siano o meno belli (i primi due li ho visti e qualche risata me la sono fatta anche io): sono solo preoccupata per la sempre minore mancanza di alternative che vengono lasciate allo spettatore. 

E lo so che il cinema è in crisi, che non ci sono soldi, che scarseggiano le idee, e bla bla bla... Ma perché nessuno guarda un po' più in là del proprio naso e vede che ci sono film stranieri ben fatti (come The Parade, per esempio) che meriterebbero un po' di attenzione? 
Tralasciando il cinema d'autore e pensando solo alle pellicole d'intrattenimento, mi chiedo: perché devo essere costretta a scegliere tra i blockbuster americani pieni di effetti speciali e le solite commedie italiane che, francamente, hanno un po' rotto le palle? Cosa vi costa acquistare un bel film prodotto in Serbia e Slovenia, doppiarlo e distribuirlo in qualche multisala? Se anche proiettate la quindicesima puntata di The Avengers in 4 sale anziché 5 non muore mica nessuno...

Io voglio poter SCEGLIERE
E soprattutto, odio le imposizioni.

Non me ne frega nulla delle strategie di marketing a tappeto, dei trailer ogni 5 minuti, delle interviste su tutti i giornali nazionali: non andrò mai a vedere un film solo perché me lo impongono dall'alto o perché in giro trovo solo quello.

Idem in libreria: potete riempire tutti gli scaffali con l'ultimo libro di Fabio Volo, potete anche tappezzarci le pareti del bagno, al posto delle piastrelle. Non mi interessa, io non lo compro. O meglio, lo comprerò se e solo se deciderò IO di comprarlo, perché mi va di leggerlo. Altrimenti, continuerò a chiedere libri "strani" e continuerò anche a fare la scocciata quando mi direte che lo dovete ordinare in casa editrice, perché avete dovuto svuotare il magazzino per far spazio a qualche altro best-seller dal successo assicurato.

E il problema non è Volo (che, a parte gli insegnamenti di vita da Bacio Perugina, non scrive neanche malaccio, ad essere sincera), o qualsiasi altro scrittore da primo posto in classifica: il problema è che ormai non si investe più, non si sperimenta, non si rischia. I libri degli scrittori X, Y, Z vendono? Perfetto, allora focalizziamo la maggior parte dei nostri sforzi solo ed unicamente su di loro, e vendiamo solo i libri di X, Y, Z, mettendo il nome bello in grande sulla copertina. Il lettore "raffinato" (o lo spettatore, per ritornare al discorso del cinema) continuerà a cercare altro, ma il lettore-spettatore "semplice", per quanto curioso e coraggioso possa essere, non starà nemmeno ad interrogarsi sulle possibili alternative che ha, visto che praticamente gli vengono tenute nascoste.

Mi sto rendendo conto del fatto che ormai la cultura "media" (che è quella di cui mi nutro io, lontana dagli intellettualismi estremi ma un filino più elevata della lettura di Novella 2000) sta assomigliando sempre di più alla "filosofia iPhone". Non più tanti prodotti diversi per tanti target di pubblico (diversificati per età, sesso, gusti, livello d'istruzione, ecc.) ma un solo prodotto (l'iPhone, appunto) per tutti: non ti piace? Amen, vedi di fartelo andar bene perché c'è solo quello.
E l'iPhone è un esempio positivo, perché è un prodotto funzionale, facile da usare, che effettivamente va bene per tutti. Ma questo discorso può valere per la cultura? Per un romanzo? Per un film?

Finirà come in quei film catastrofici, in cui leggeremo tutti lo stesso libro, guarderemo tutti gli stessi film, ci vestiremo tutti allo stesso modo, avremo tutti gli stessi comportamenti standardizzati imposti dall'alto? Spero di no.

Io continuo a fare la rompiscatole infantile: più mi dicono di fare una cosa, meno mi vien voglia di farla. 
Più mi bombardano con la pubblicità di un film, meno mi vien voglia di vederlo. 
Più mi dicono che un libro è "il caso letterario dell'anno", e più ne sto alla larga. 
Poi magari non escludo che lo leggerò tra 2 o 3 anni, quando nessuno ne parlerà più, perché avrò deciso che mi va. 

Fino ad allora, le 50 sfumature di grigio tenetevele per voi. 
E anche il travestimento da porno-mummia di Halloween.



mercoledì 8 maggio 2013

Inquietudini metropolitane

Migliaia di anni di evoluzione della specie non sono serviti a niente. NIENTE.
L'essere umano è fondamentalmente stupido.
Punto.
Non c'è nulla da fare, non ci sono lauree, programmi educativi, letture formative che possano risolvere la situazione, niente!
E sapete come sono giunta a questa conclusione?
No, non guardando lo spettacolo ridicolo che si è consumato nelle Camere le scorse settimane.
No, non compiendo uno studio di antopo-socio-sarcazzocosa-psicologia.
No, nemmeno leggendo gli sproloqui dei casi umani che popolano il fantabuloso mondo del web.
No.

Mi basta prendere la metropolitana.

Ogni giorno, andata e ritorno, da più di sei anni a questa parte.

Minchia. C'è veramente da perdere la fiducia nel genere umano. Va bene che discendiamo dalle scimmie, ma non è un alibi valido: anzi, forse forse i primati sono meglio di noi.

Partiamo dalle basi. Problemino di logica da primo anno di asilo: Pierino ha un vaso pieno di caramelle rosse, ma vuole riempirlo di caramelle gialle ( ndr: io a dirla tutta 'sto Pierino che faceva la superstar di tutti i problemi di matematica non l'ho mai sopportato tanto... Cioè, ma smettila di fare la primadonna, sempre in mezzo stai... Ma non ce l'hai una vita tua? E poi mangi sempre, ma la finisci?? Poi ci lamentiamo che i bambini diventano obesi... Pierino demmerda, è tutta colpa tua!). 

Torniamo a noi, dicevo: Cosa deve fare quel ciccione di Pierino?
Risposta: PRIMA togliere le caramelle rosse dal vaso e DOPO riempirlo con quelle gialle.
Ci siamo?
Mi seguite?
Facile, no?


E INVECE NO, EVIDENTEMENTE NON è FACILE PER UNA CIPPA!!!

Ma io mi chiedo: se ci arrivate con le caramelle, PERCHè DIAVOLO NON CI ARRIVATE CON DEI CORPI UMANI IN UN VAGONE DELLA METRO?? PERCHè?? EH?? PERCHè??
Perchè la gente nel 2013 ancora non ha capito che PRIMA fai scendere dal treno e POI, una volta che si è svuotato, puoi salire???

Sto esagerando? Forse. Ma alla centesima volta che ti si para davanti alla porta della metro un branco compatto di gente che vuole salire a tutti i costi prima che tu riesca a scendere... Beh, ti vien voglia di avanzare tra la folla roteando una roncola. Arrugginita.

Oppure: gente che corre a perdifiato in mezzo alla folla, travolgendo bambini, anziani, invalidi, stagiste-sfigate-come-la-sottoscritta pur di prendere il treno al volo. Gente che si improvvisa la Fiona May de noantri, batte tutti i record di salto in lungo dalla banchina e si lancia di testa dentro il vagone mentre le porte automatiche si stanno già chiudendo. Gente che si stipa volontariamente in un treno già strapieno in cui la temperatura dell'aria oscilla tra gli 80 e 100 gradi ed impera l'olezzo di ascella-misto cipolle-misto sudore-misto stalla.

Carissimi, vi svelo il quarto segreto di Fatima: passa un'altra metro tra un minuto e mezzo, state sereni per l'amor d'Iddio.

Perchè io non ci credo che siete tutti pendolari e dovete tutti prendere l'ultimo treno della giornata pena il pernottamento in stazione Centrale coi barboni. 
Ecco. 



P.s. per i miei 25 lettori (e sono ottimista): mi hanno fatto notare che i link ai vecchi post non funzionano più, ma anche voi, ammmisci, state sereni! Ho solo cambiato l'indirizzo del blog, che non è più lazabettabonetti.blogspot.com ma la-zabetta.blogspot.com.
I miei sproloqui ci sono ancora tutti. Purtroppo.







mercoledì 17 aprile 2013

Fighedomani

Nuntio vobis, magno cum gaudio, che è giunto il momento: come ogni santissimo anno, a cadenza regolare, da oggi anche per me la parola d'ordine è una e una sola. Anzi, due.

PROVA COSTUME.

Taaa daaaa!!! (Sarebbe auspicabile leggere le prossime 3 righe con tono grave e con QUESTA colonna sonora...)
La Morte Nera.
La Nemica per eccellenza.
La Madre di tutti mali del mondo.

Quest'anno la temo più del solito, visto che nei miei mesi trevigiani ho messo su un po' di zavorra... (A mia discolpa posso dire che lo spritz costa in media 2,50 euro, se ne bevi meno di tre è un affronto...)

Ma non temete, non tutto è perduto: ho ancora due mesi e mezzo. Dieci settimane. Settanta giorni. CE LA POSSO FARE! 
Noi (io e la mia cellulite) ci crediamo. Ci crediamo un sacco.
Da lunedì anche io mi sono idealmente unita alle FIGHEDOMANI, gruppo di sostegno nato tra blogger "serie" (mica sfigatelle come me) che si sono imposte di darsi un tono ed arrivare pronte all'estate. Mangiare sano, bere un sacco (di acqua...) e soprattutto tanta, tanta attività fisica. 
Non farò miracoli, non avrò mai il fisico di Gisele e non rientrerò in quello stramaledetto tubino della laurea triennale, ma almeno posso aspirare a recuperare un minimo di tono... Obbiettivo: tornare ai fasti dell'estate 2011, con un paio di kg in meno, qualche muscolo in più e la sicurezza di non incorrere in una embolia polmonare ogni qualvolta faccio le scale un po' di corsa... (Ironia della sorte: quella, in tutta la mia vita, è stata l'estate in cui ho passato meno giorni in costume da bagno... Mapporc...)

Lunedì, dicevo, carica di buoni propositi e belle speranze, galvanizzata dal caldo e dal sole, ho dato il via alla prima uscita stagionale in bici: gioia e giubilo! Sono andata al mio adorato Parco Nord e ho iniziato a pedalare, pedalare, pedalare... 

Io ADORO andare al parco in bici... Lo faccio spesso, come raccontavo in un un vecchio post. In questo periodo dell'anno, inoltre, la fauna che lo popola tra le 6 e le 8 di sera è fantastica: ci si potrebbe scrivere un trattato di sociologia.
Ci sono i runners indefessi, quelli che d'inverno si alzano alle 5 di mattina per allenarsi prima di andare al lavoro (sì, lo fanno davvero, non è fantascienza: se non ne avessi uno in casa non ci crederei nemmeno io...), ci sono i  ciclisti con tutina, caschetto e bici da corsa (ma per andare al Parco Nord?? Maccelaffai??), ci sono i super palestrati (che si impossessano degli attrezzi del percorso vita per ore, ore e ore e dispensano consigli da personal trainer - assolutamente NON richiesti - a chiunque passi nel raggio di 100 metri), ed infine ci sono i cialtroni. Come me. Ma anche peggio.
Io, con la mia mountan bike scassata, i miei vestiti "100% inchiavabilità" e la musica sparata a tuono nelle orecchie, ho ancora una dignità... Ma loro... LORO...
Gente che corre con le Converse, cinquantenni che riesumano i rollerblade di Hello Kitty dallo scatolone dei giochi dei figli, uomini di mezza età che giacciono sfiniti in mezzo ad un prato invocando la bombola dell'ossigeno...
I miei preferiti, a onor del vero, sono i SuperSeri. Io li guarderei per ore... Dicasi SuperSerio (o anche TipoCheSeLaCrede) quell'affascinante essere umano che, anche per farsi una corsetta ad minchiam, ha un programma dettagliatissimo di allenamento; il vero S.S., the one and the only, si prende le pulsazioni ogni 10 minuti, calcola in un nano secondo il proprio dispendio energetico della giornata, sa perfettamente quante calorie ha ingerito a colazione, pranzo e alla festa di cresima del nipote della settimana prima, è abbonato a tutte le riviste di running del globo terracqueo, passa le nottate davanti al pc a vedere le repliche delle maratone di New York.... ma poi, per fare il tragitto casa-parco, prende la macchina. Oh yes.
Comunque, nel mio piccolo, anche io ho un programma d'allenamento: si chiama Pedala finché ce n'è ma quando inizi a vedere la Madonna magari fermati. NB: le divinità minori non valgono per cui non fare la furba e continua a pedalare, CHIATTONA!.
Funziona. 
Magari lo brevetto...






sabato 30 marzo 2013

Cronaca di un'influenza canadese

E' finita la prima fase del master, sono stata una settimana a Toronto, ho ri-traslocato a Sesto Beach e ho iniziato lo stage in Lega Volley femminile.
Potrei raccontare un milione di cose, viste, fatte, sentite...
E invece no.
Vi parlerò dell'unico souvenir che mi sono portata a casa dal Canada, compagno fedele di quest'ultimo mese: l'influenza.

Giorno 1. Ancora intontita dalle 8 ore di volo in cui non ho chiuso occhio manco per sbaglio, mi bullo del fatto di poter dire urbi et orbi "c'ho il jet-lag!!!" come lagggente che conta e non mi rendo conto dei sintomi di peste bubbonica che sto covando.

Giorno 2. Ancora sulla scia dell'entusiasmo di cui sopra, continuo ad ignorare i sintomi e faccio il trasloco Treviso-Sesto in magliettina e golfino, all'alba del 28 febbraio. Il tempo di arrivare a casa e farmi una doccia e pronuncio la fatidica frase: "non mi sento tanto bene..."

Giorno 3. Vegeto sul divano in stato di coma vigile, da cui riemergo solo ed unicamente per andare a tagliarmi i capelli, dietro insistenza di Madre.
Evidentemente posseduta dai germi che ho in corpo e priva della benché minima capacità di discernimento, prendo due decisioni tragiche: 1) tagliare di una decina di centimetri le mie lunghe chiome, visto che ormai ospitano da mesi la sagra della doppia punta; 2) farmi la frangia, convinta (non so in base a cosa) che sia più comoda da tenere in ordine.
Con l'ultimo barlume di lucidità che mi resta dico al parrucchiere "mi raccomando, una frangia LEGGERA, non farmi sembrare una scodella...", poi mi riaccascio sulla poltrona in stato influenzal-catatonico fino alla fine della seduta, non curandomi minimamente di cosa stia accadendo alla mia testa.
Ebbene, appena è svanito l'effetto della piega "profescional" che mi rendeva anche discretamente carina, ho realizzato di somigliare in maniera imbarazzante ai funghi di Super Mario Bros. (Conosco gente che si è ritirata a vivere in eremo per molto meno... Io ho represso le mie voglie omicide nei confronti degli hair stylist del mondo intero e ho iniziato pazientemente ad aspettare che ricrescessero... Da subito!)



Giorno 6. Sempre peggio. Naso che cola incessantemente e colpi di tosse ogni 15/20 secondi: nel giro di 5 minuti riesco a farmi odiare da chiunque mi stia vicino. Le vecchie in metropolitana pur di non sedersi vicino a me stanno in piedi, per dire.

Giorno 8. A furia di soffiarmi il naso ho la pelle disintegrata. Credo mi sia rimasto un solo strato di epidermide: sotto, la carne viva. Giro con 3 pacchetti di fazzoletti in borsa, ma medito di passare direttamente al rotolo di carta igienica.
Madre minaccia di diseredarmi se non mi decido a prendere l'antibiotico, ma io, stoica, resisto ai progressi della medicina moderna, convinta di potermi curare grazie a litrate di spremuta d'arancia e fumenti. Bicarbonato mon amour.

Giorno 10. Ho una pelle orrenda: colorito tendente al verdognolo ma naso fuxia acceso. Occhi lacrimanti, raspino perenne in gola, dolori diffusi come dopo un allenamento di rugby. 
Piove da giorni e l'umidità fa sembrare ancora più osceni i miei già terribili capelli. Non so se sia l'influenza o la stanchezza accumulata nel corso dei mesi ("work hard, party harder", e chi vuole capire capisce...) ma sembro veramente uno zombie. 
Voglio mori'. 

Giorno 15. Timidi segnali di miglioramento. Ora respiro. Da una narice sola, ma sono dettagli. Forse arrivo a mangiare la colomba.

Giorno 20. I capelli sono abbastanza lunghi da poter eliminare la frangia e spostarli di lato: ora ho i ciuffetti che fanno tanto anni '90, ma almeno non mi viene da cantare "sono un fungo uacciuà, velenoso uacciuà..." tutte le volte che mi guardo allo specchio...
C'è speranza.


sabato 26 gennaio 2013

Dannati telefilm...

Sono le 2 passate di notte, non riesco a dormire e ho passato la serata nel mio letto, col pc sulle gambe, a vedere serie televisive.
Maledetti telefilm.
Dovevano essere solo due puntate. 
Le ultime due puntate dei miei telefilm preferiti.
Poi però sono diventate 3, 4... ho anche iniziato una nuova serie, maledizione.
Tutto ciò a cui riesco a pensare, in questa notte in cui i ricordi e i pensieri si susseguono senza sosta impedendomi di prendere sonno, è che la vita, purtroppo o per fortuna, non assomiglia per nulla ad un telefilm.
Perchè se ti trasferisci in una sperduta città di provincia, la prima persona che incontri non è un avvocato bello come il sole, ironico e gentiluomo che ti da un passaggio in macchina, con cui al 99,9% avrai una romantica quanto travagliata storia d'amore nei mesi a venire: no, al massimo incontri l'edicolante che ti vende il biglietto dell'autobus barando sul resto, tra un cristone e un'imprecazione.
Perchè la mattina non ti svegli già truccata e splendente, ma hai un colorito giallastro molto poco sano e i capelli arruffati tipo It Addams. Se invece sei andata a letto ancora truccata dalla sera prima (perchè ammettiamolo: struccarsi è una rottura di palle!), scordati di avere il mascara semplicemente un po' sbavato sotto gli occhi, con quell'effetto pseudo-dark che fa addirittura tendenza: no cara, come minimo tu sembri un orsetto lavatore, e la federa del tuo cuscino sembra una versione a colori della Sacra Sindone.
Perchè se ti vesti alla cazzo di cane per andare a buttare la spazzatura non risulti comunque oltremodo figa, ma sembri il solito cesso ambulante (solo che stavolta sei vestita alla cazzo di cane, appunto). E perchè, oltretutto, se esci la sera per andare a buttare la spazzatura, non ti fermi sul vialetto di casa a chiacchierare amorevolmente col tuo vicino, che ti svela tutti i segreti del suo cuore, ti aiuta a risolvere l'enigma che attanaglia il quartiere da mesi e persino il terzo segreto di Fatima: no, al massimo incontri la vecchietta del terzo piano che ti guarda in cagnesco augurandoti silenziosamente la morte, e tutto solo perchè tua padre, all'ultima riunione di condominio, le ha più o meno dato della "vecchia stronza".
Ma soprattutto...
Nel mondo reale le persone non riescono mai a spiegare quello che pensano in maniera lineare, chiara e perfetta, non ti stupiscono con effetti speciali e non dicono mai la cosa giusta al momento giusto.
Nel mondo reale gli atteggiamenti di una persona non hanno mai una spiegazione univoca: uno sguardo può voler dire duecento cose diverse... o forse non vuole dire nulla.
Nel mondo reale una persona non butta all'aria i piani di una vita per inseguire una passione, un'idea, un'avventura.
La cosa peggiore di tutte, però, è che la vita reale non può essere registrata su un dvd: non puoi rivedere una puntata che ti è piaciuta, e non puoi nemmeno tornare su una scena che al momento non avevi compreso. Quel bacio, quella battuta, quell'inquadratura perfetta non tornano più, e non si può nemmeno schiacciare il tasto "pausa" per fermarsi un attimo e tentare di capire in che direzione si sta andando.
E' come in un lungo piano-sequenza.
Quel che è fatto è fatto, buona la prima.