domenica 22 dicembre 2013

Paris makes me happy

Io, in genere, sono una persona abbastanza razionale. Ci sono cose, però, che non riesco a spiegarmi, nonostante mi interroghi spesso sul loro significato.
Un esempio su tutti: il mio amore per Parigi.

E pensare che io non sono QUEL tipo di ragazza. 
Non lancio urletti di gioia di fronte ad una confezione di macarons, non ho il santino di Coco Chanel nel portafogli, non passo ore in stato di estasi di fronte alle vetrine di Louis Vuitton e ancora non mi sono fatta una ragione del fatto che i francesi non usino il bidet.

Eppure...
Io quando sono a Parigi sono felice.
Non so quale strana sostanza spargano nell'aria, o quale tipo di ingrediente segreto mettano nei croissant che mangio la mattina: fatto sta che mi pervade uno strano e ingiustificato senso di benessere, che proprio non saprei descrivere.
Nonostante il freddo, il vento, i piedi doloranti dopo una giornata di marce forzate da un monumento all'altro e la proverbiale "simpatia" dei parigini, io STO BENE.

Onestamente non so se ci vivrei, non mi sono mai posta il problema, ma ci sono tanti piccoli elementi di questa città che amo, tanti piccoli dettagli sommati uno all'altro: i palazzi ordinati del centro, con le case che terminano in angoli sempre più stretti man mano che ci si avvicina all'incrocio delle strade, le vetrine dei caffè, le stazioni della metropolitana rivestite di piastrelle bianche, come il vecchio bagno di mia zia, i musei in cui vorrei perdermi, quelle zuppe buonissime che dio solo sa cosa ci mettono dentro. 
Mi piace il fatto di poter trovare il faccione di Salvador Dalì che mi intima di fare silenzio, così, su un vecchio muro; mi piace andare ai giardini delle Tuileries, sedermi di fronte all'enorme vasca della fontana e guardare i passanti; mi piace soprattutto il modo in cui i parigini sanno essere padroni della propria città, la naturalezza con cui, dopo il lavoro, comprano una bottiglia di vino e vanno a fare un aperitivo su una panchina sul lungosenna, o i pic nic improvvisati della pausa pranzo, in qualche parco.

Forse Parigi mi piace tanto per via dei ricordi che evoca nella mia mente, come la storica gita di classe in quinta superiore, o un abbraccio silenzioso nei cortili del Louvre, in una fredda notte di marzo di qualche anno fa.

O forse, ripensandoci, mi piace semplicemente perché è una città che incita a sognare: alla fine, volenti o  nolenti, siamo tutte un po' Amelie.