sabato 2 novembre 2013

Halloween, film e cinema di provincia

Halloween: anche quest'anno ce lo siamo levato dalle palle.
OH!
Non nutro un grande amore per questa festività. Anzi, ad essere onesta non la sopporto proprio, così come non sopporto le ricorrenze in cui "bisogna divertirsi per forza": Capodanno, Carnevale, Ferragosto... A me mettono ansia. 
O meglio, mi mette ansia quest'ossessione del doversi per forza "disfare", del dover fare qualcosa di eccezionale solo perché la data sul calendario lo richiede. 
Uscire di casa già con l'idea del "DEVO divertirmi tantissimo" (che tradotto nel linguaggio del ventenne medio significa "DEVO ubriacarmi e tornare a casa conciato nammerda"): secondo me è l'aspettativa che rovina tutto. O almeno, nel mio caso è così.

Le serate più divertenti della mia vita sono iniziate in modo assolutamente tranquillo: nessuno aveva fatto grandi progetti, non ci aspettava nulla... E invece sono quelle che ricorderò per sempre, quelle a cui ripenserò quando sarò una vecchia babbiona, quelle che mi strappano un sorriso al solo nominarle. 
Quelle sere lì insomma.
Ecco, magari non ricordo proprio tutto-tutto... Però d'altra parte è proprio questa memoria "a macchie" che mi fa pensare che siano state proprio delle gran serate!

Insomma, non mi piace la pressione del "divertimento a tutti i costi", non mi piace l'idea di farmi fregare un sacco di soldi per entrare in un locale che di norma costerebbe la metà, non mi piacciono i drink a 15 € e soprattutto non mi piacciono i resoconti etilici dei giorni seguenti, sbandierati su Facebook come se fossero grandi gesta eroiche: a me, della vostra progressione alcoolica prosecco-Montenegro-vodka liscia-acqua ragia non me ne può fregare di meno.

(Ok, lo confesso: in realtà il mio odio per Halloween deriva dal fatto che l'ultima volta che sono andata ad una festa avevo un travestimento BELLISSIMO da Rambo -si, Rambo: cazzo ridete?!-, ma nessuno mi si filava perché erano tutti impegnati a sbavare per le porno-zombie, porno-gatte, porno-streghe. Ecco.)

Fatta questa debita premessa, vi racconto come ho passato la serata del 31 ottobre.
Dopo una settimana di peste bubbonica, in cui non ho letteralmente messo il naso fuori di casa, ho deciso che forse era il caso di vedere se l'umanità, all'infuori del mio appartamento impestato dall'influenza, esistesse ancora. 
Sento la mia migliore amica: "cosa fai, cosa non fai,...", e viene fuori che una coppia di nostri amici l'ha invitata al cinema a vedere un film serbo, The Parade.

Una commedia SERBA. 
Al cinema di Seregno.
SOTTOTITOLATA.

"Vuoi venire?"

Io quando sento parlare di Balcani mi emoziono a prescindere (ve l'ho FORSE già detto duecento volte, ma io in Bosnia ci ho veramente lasciato un pezzo di cuore): il tempo di darmi un tono e una mano compatta di fondotinta per mascherare il colorito da zombie (ad Halloween: ironico, no?) ed ero già in macchina.

Immaginatevi uno di quei cinema di provincia, quelli in cui io e i miei coetanei andavamo alle medie il sabato pomeriggio, prima che i multisala li costringessero quasi tutti alla chiusura. Quelli con le file di sedie strettissime, con le sedute che si aprono e i tendoni di velluto pesante all'ingresso. Quelli in cui varchi l'ingresso e la mente va subito a Nuovo cinema Paradiso

Insomma, inizia il film, e dopo 10 minuti ho già capito che è bellissimo. Sono anche esaltata perché riesco a capire qualche parola in serbo (quasi tutte parolacce, ça va sans dire..), ma questa è un'altra storia.




The Parade è una commedia in cui si mescolano risate e riflessioni, in cui si parla con ironia di omofobia, di diritti civili, di multiculturalismo in un'area dell'Europa che ancora sta affrontando l'eredità lasciata dalla guerra. Divertente (molto!), commovente (sul finale), è impossibile non volere del bene a questi personaggi, tanto strani ma anche tanto simili a noi.

Io sono pessima nel raccontare i film  e il trailer non rende assolutamente giustizia: fidatevi e andate a vederlo, se lo trovate.


Ed eccoci giunti al tasto dolente di tutto ciò: se lo trovate.

Già, perché se non hanno speso due lire per doppiare questo film (che oltretutto ha vinto premi al Festival di Berlino), dubito che le abbiano spese per distribuirlo.
Mentre dell'ultimo film di Checco Zalone sono state distribuite 1200 pellicole solo in Italia, di questo e di molti altri non si è praticamente sentito parlare. 

1200 pellicole sono un'enormità. Vuol dire che questo film è ovunque, in ogni cinema, da Aosta ad Aiello Calabro.
Non sto sindacando sul fatto che i film di Zalone siano o meno belli (i primi due li ho visti e qualche risata me la sono fatta anche io): sono solo preoccupata per la sempre minore mancanza di alternative che vengono lasciate allo spettatore. 

E lo so che il cinema è in crisi, che non ci sono soldi, che scarseggiano le idee, e bla bla bla... Ma perché nessuno guarda un po' più in là del proprio naso e vede che ci sono film stranieri ben fatti (come The Parade, per esempio) che meriterebbero un po' di attenzione? 
Tralasciando il cinema d'autore e pensando solo alle pellicole d'intrattenimento, mi chiedo: perché devo essere costretta a scegliere tra i blockbuster americani pieni di effetti speciali e le solite commedie italiane che, francamente, hanno un po' rotto le palle? Cosa vi costa acquistare un bel film prodotto in Serbia e Slovenia, doppiarlo e distribuirlo in qualche multisala? Se anche proiettate la quindicesima puntata di The Avengers in 4 sale anziché 5 non muore mica nessuno...

Io voglio poter SCEGLIERE
E soprattutto, odio le imposizioni.

Non me ne frega nulla delle strategie di marketing a tappeto, dei trailer ogni 5 minuti, delle interviste su tutti i giornali nazionali: non andrò mai a vedere un film solo perché me lo impongono dall'alto o perché in giro trovo solo quello.

Idem in libreria: potete riempire tutti gli scaffali con l'ultimo libro di Fabio Volo, potete anche tappezzarci le pareti del bagno, al posto delle piastrelle. Non mi interessa, io non lo compro. O meglio, lo comprerò se e solo se deciderò IO di comprarlo, perché mi va di leggerlo. Altrimenti, continuerò a chiedere libri "strani" e continuerò anche a fare la scocciata quando mi direte che lo dovete ordinare in casa editrice, perché avete dovuto svuotare il magazzino per far spazio a qualche altro best-seller dal successo assicurato.

E il problema non è Volo (che, a parte gli insegnamenti di vita da Bacio Perugina, non scrive neanche malaccio, ad essere sincera), o qualsiasi altro scrittore da primo posto in classifica: il problema è che ormai non si investe più, non si sperimenta, non si rischia. I libri degli scrittori X, Y, Z vendono? Perfetto, allora focalizziamo la maggior parte dei nostri sforzi solo ed unicamente su di loro, e vendiamo solo i libri di X, Y, Z, mettendo il nome bello in grande sulla copertina. Il lettore "raffinato" (o lo spettatore, per ritornare al discorso del cinema) continuerà a cercare altro, ma il lettore-spettatore "semplice", per quanto curioso e coraggioso possa essere, non starà nemmeno ad interrogarsi sulle possibili alternative che ha, visto che praticamente gli vengono tenute nascoste.

Mi sto rendendo conto del fatto che ormai la cultura "media" (che è quella di cui mi nutro io, lontana dagli intellettualismi estremi ma un filino più elevata della lettura di Novella 2000) sta assomigliando sempre di più alla "filosofia iPhone". Non più tanti prodotti diversi per tanti target di pubblico (diversificati per età, sesso, gusti, livello d'istruzione, ecc.) ma un solo prodotto (l'iPhone, appunto) per tutti: non ti piace? Amen, vedi di fartelo andar bene perché c'è solo quello.
E l'iPhone è un esempio positivo, perché è un prodotto funzionale, facile da usare, che effettivamente va bene per tutti. Ma questo discorso può valere per la cultura? Per un romanzo? Per un film?

Finirà come in quei film catastrofici, in cui leggeremo tutti lo stesso libro, guarderemo tutti gli stessi film, ci vestiremo tutti allo stesso modo, avremo tutti gli stessi comportamenti standardizzati imposti dall'alto? Spero di no.

Io continuo a fare la rompiscatole infantile: più mi dicono di fare una cosa, meno mi vien voglia di farla. 
Più mi bombardano con la pubblicità di un film, meno mi vien voglia di vederlo. 
Più mi dicono che un libro è "il caso letterario dell'anno", e più ne sto alla larga. 
Poi magari non escludo che lo leggerò tra 2 o 3 anni, quando nessuno ne parlerà più, perché avrò deciso che mi va. 

Fino ad allora, le 50 sfumature di grigio tenetevele per voi. 
E anche il travestimento da porno-mummia di Halloween.



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