lunedì 29 ottobre 2012

...e i pensieri del sabato sera...


Treviso, sabato sera. Dopo una settimana piena e una giornata “intensamente divertente”, sono sola nella “mia” casetta, col pc sulle gambe e la coperta avvolta addosso, a lottare col raffreddore e col mal di gola che ha deciso di farmi visita. Dovrei studiare, lo so, ma stasera proprio non ce la feis…

Ho visto un film, ho frignato senza dignità di fronte alle storie d’amore e di vita altrui, e mi sono poi messa a rileggere delle vecchie cose che avevo scritto anni fa, che casualmente avevo sul pc… mi è capitato sotto gli occhi un pezzo del 2008 e… beh, devo dire che me la cavavo con le parole!

Avevo scritto un resoconto delle mie giornate, delle corse quotidiane tra università, Centro Essere, scout, amici… e avevo concluso con una riflessione che, ancora adesso, riesce a strapparmi un sorriso e a farmi inumidire gli occhi… La riporto:

 

“…nonostante questo però sono felice, davvero, perchè riesco a godere delle piccole gioie che la mia quotidianità mi riserva: la gente di solito tende a sminuirle, aspettando che accada chissà quale avvenimento epocale per poter dire di essere "felice"...e ovviamente non succede mai nulla...

io invece ho deciso di dar loro il peso che meritano: c'è una poesia che mi piace un sacco che inizia così

 

E crescendo impari che la felicità non e' quella delle grandi cose.
Non e' quella che si insegue a vent'anni, quando, come gladiatori si combatte il mondo per uscirne vittoriosi...
La felicità non e' quella che affanosamente si insegue credendo che l'amore sia tutto o niente,...
non e' quella delle emozioni forti che fanno il "botto" e che esplodono fuori con tuoni spettacolari...,
la felicità non e' quella di grattacieli da scalare, di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.
Crescendo impari che la felicità e' fatta di cose piccole ma preziose....

 

io non avrei saputo esprimere meglio quello che penso...io sono felice quando esco con le mie amiche Galline, quando ridiamo per delle scemenze e quando parliamo di cose serie...

sono felice quando vedo la mia famiglia riunita e penso che, forse, il peggio è passato...sono felice se penso alle nuove amicizie e alle persone che poco a poco stanno diventando speciali...

sono felice quando apro il freezer e trovo i gelati, quando spadello per un pomeriggio intero e mi sento dire che il cous cous che ho cucinato è buono, quando riesco a studiare "bene", quando guardo una partita di rugby, anche se la mia squadra perde e se non mettono in campo i miei "amichetti"... sono felice anche alla mattina appena sveglia, quando la radio passa gli AC DC e io mi lavo cantando a squarciagola "It's a long Way to the top" inventando la metà delle parole...

sono felice per una maglietta nuova, per un tramonto, per un bel film, per una chiacchierata sincera, per un album di vecchie foto, per la weiss media a meno di 3 euro il mercoledì....sono felice quando mi accorgo che lui mi guarda e... sì, sono felice anche quando non riesco a parlargli, perché vuol dire che mi piace davvero...

sono felice, quando penso che finalmente ho chiuso con le stampelle, le operazioni, le visite...sono felice se trovo il coraggio di mettermi un paio di pantaloncini corti dopo anni di jeans e gonne lunghe, se finalmente me ne frego di quello che possono pensare gli altri...

sono felice anche adesso, perchè sono soddisfatta di quello che ho scritto, anche se avrei dovuto usare questo tempo per ripassare filologia....

 

"...E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità."

 

Non ero malaccio, no?
 

 

sabato 15 settembre 2012

Ritorni e partenze

Dopo un'estate da zingara in giro per l'Italia, tra festeggiamenti di laurea e compleanno, nuovi amici, sole, mare, cibo (tanto cibo!), montagne, gite cultural-motociclistiche e pensieri sul futuro, sono tornata alla base, ormai tre settimane or sono.
Piccolo momento autocelebrativo: sono stata in viaggio un mese portandomi solo un bagaglio a mano. Oh yeah... Stavolta però ho lasciato a casa Ugo (il mio fidatissimo zaino) e ho preferito usare un trolley, perchè "ormai sei laureata, sei grande, devi smetterla di comportarti come un maschiaccio" e bla bla bla...insomma, a 'sto giro Madre non me l'avrebbe perdonata! 
Comunque sia, la mia permanenza a casa sarà piuttosto ridotta, dato che tra qualche giorno partirò alla volta di Treviso, per frequentare il master in Strategie di business per lo sport a cui puntavo da tempo. Ebbene sì, mi hanno presa. E mo' sono cavoli loro, mi verrebbe da aggiungere...
Cretinate a parte, sono veramente felice di intraprendere questa nuova avventura; entusiasmo? Tanto.
Paura? Un po'.
Confesso di aver avuto qualche piccolo momento di ansia, e di aver avvertito un po' di senso di inadeguatezza... 
Come me la caverò a vivere lontana da casa per così tanto tempo? 
Avrò difficoltà coi corsi, avendo avuto una formazione umanistica?
Come saranno i compagni di corso? Saranno tutti dei mega-atleti e/o dei giovani manager rampanti e io farò la figura del Calimero della situazione?
Ma soprattutto: come farò a stare senza i miei amicici e i miei fratelli? E Madre e Baffino? 
Poi però mi sono data della cretina (ve l'ho mai detto che sospetto di essere bipolare??), ho cestinato tutti i possibili pensieri negativi e ho pensato solo che dovrò trarre il massimo da quest'esperienza, a livello di formazione ma anche, e soprattutto, a livello umano.
Sulla carta parto svantaggiata per una serie di motivi che non sto ad elencare ma, detto francamente, chi se ne frega: non è una gara, io vado lì per me stessa, per imparare cose nuove e per conoscere persone stimolanti, punto e stop. 
Me lo riprometto da sempre, ma ora è veramente giunto il momento di farlo: spengo la sezione del mio cervello incaricata di farmi venire le paranoie e mi butto nella mischia. 
Quel che sarà sarà.
Se voglio crescere devo uscire dalla mia "comfort zone", giusto?

Betta

ps. Blogger dice che La Zabetta è stato visitato più di 4000 volte... O è impazzito, o nel mondo ci sono molte più persone a conoscenza delle mie turbe mentali di quanto pensassi...


lunedì 9 luglio 2012

ringraziamenti di laurea..

E' finita, sono ufficialmente laureata-disoccupata!
Sono giorni abbastanza frenetici, per cui per i resoconti dettagliati dovrete pazientare un po'... per ora vi lascio i ringraziamenti, che ho incluso nella tesi circa un mesetto fa...ci siete più o meno tutti!
Taaaaaaaaanto amore per tutti!!!

ps. la prima parte dedicata ai prof è alquanto politically correct...come sapete la mia relatrice mi ha fatto penare un po'...ho ancora dubbi circa il fatto che abbia realmente letto la mia tesi! -.-
il mio correlatore invece era adorabile, peccato averlo conosciuto solo le ultime settimane!!!




Ringraziamenti



Con questa tesi si conclude ufficialmente il mio percorso universitario: mi sembra dunque doveroso ringraziare tutti coloro che mi sono stati vicini in questi anni, e in particolar modo in questi ultimi mesi.



Grazie anzitutto alla Prof. Canella, che mi ha seguita nella redazione di questo mio lavoro fornendomi sempre idee interessanti, e al prof. Del Corno, che ha gentilmente accettato di essere il mio correlatore.



Grazie al personale delle Civiche Raccolte Storiche del Museo del Risorgimento di Milano, della Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli e dell’Archivio Pirelli: ringrazio in particolar modo Gregorio Taccola e Manuela Zampolli, per la gentilezza con cui mi hanno aiutata nella mia ricerca e per l’interesse che hanno dimostrato nei confronti del mio lavoro.



Grazie ai miei genitori; a te mamma, per i tuoi consigli “zen” e il tuo sostegno, per aver gioito con me dei miei successi e avermi consolata dopo le piccole sconfitte: la prima telefonata dopo gli esami era sempre per te. Grazie per esserci sempre stata, nonostante tutti gli impegni, i pensieri, i problemi. Grazie a te papà, per l’aiuto pratico con le fotografie (meno male che c’eri tu!), per le coccole nei momenti di sconforto, per le sciate e i viaggi in moto nei giorni di relax; quando mi dicono che sono una “zingara” sempre in viaggio, io dico di aver preso da te, e lo dico con tutto l’orgoglio del mondo.



Grazie ai miei fratelli, Stefano e Luca: Lord Malvagio e Pottino, senza di voi la mia vita sarebbe infinitamente più noiosa! E’ impossibile rendere conto di quanto siate importanti per me, per cui mi limito a dirvi che non vi cambierei con nessuno, mai!



Grazie alla mia  numerosa e splendida famiglia: a zio Lello, per la sua saggezza e la sua ironia, e a zia Pia; a zia Franca, Emanuele, Luca, Daniele, Stefania e rispettive famiglie, per il supporto a distanza che, credetemi, si è sentito! Grazie a zio Michele, che da lassù, sono sicura, starà facendo un brindisi in mio onore.

Grazie a zio Armando, zia Annalisa, Alessandro e Davide, per le chiacchiere e l’allegria di sempre.



Grazie a Riccardo, per avermi insegnato a non prendermi troppo sul serio: tra alti e bassi, contro tutto e tutti, dopo più di tre anni siamo ancora “noi”; grazie ad Alfonso, Anna, Martina e Diana, la mia famiglia aquilana, per avermi accolta con affetto sin dal primo momento.



Grazie a Silvia, compagna inseparabile di questi cinque anni di “Unimi”: da quella prima fatidica lezione del primo giorno del primo anno non ci siamo più separate. Grazie per tutti i caffè, le chiacchiere, le giornate di studio matto e disperatissimo, ma soprattutto grazie per essere cresciuta insieme a me, Ami!





Grazie alla amiche storiche, Cate, Manu, Ila e Dia: stiamo diventando grandi, ognuna ha preso la propria strada, ma nonostante ciò so che potrò sempre contare su di voi, come ho fatto finora. Vi voglio bene!



Grazie a Gloria, soprattutto per l’ultimo anno di rock’n’roll, viaggi, caffè in chiostro, sfoghi, lacrime e risate: abbiamo provato a stare lontane, ma il destino, evidentemente, ci vuole insieme… E chi siamo noi per contraddirlo?!



Grazie alle mie zie adottive del Centro Essere, Mariuccia, Livia e Antonia, che in questi anni di studio mi hanno coccolata, ascoltata, sostenuta: siete state le mie “fan” numero uno!



Grazie agli amici, ma proprio a tutti: nominarvi uno ad uno è impossibile, perdonatemi! Grazie al gruppo “Ten da Sam”, perché siete degli adorabili cialtroni, e io non posso fare a meno di volervi un gran bene!



Grazie agli scout e ai quasi-scout, perché siete gli unici che mi fanno tornare il buonumore anche nei momenti peggiori, e sarete sempre una parte imprescindibile della mia vita: mi fermo qui, altrimenti rischio di dedicare un’altra tesi di 200 pagine solo a voi!



Grazie agli amici di qualità, che vedo poco ma di cui non potrei fare più a meno: Chiara, Domy, Giulia, Andre, Cambo, Mimmo.



Grazie al rugby, che mi salvata dai miei fantasmi dandomi una passione da coltivare e mi ha fatto conoscere delle persone splendide: in primis la mia Erika, fantastica compagna d’avventura, lontana geograficamente ma sempre nel cuore; poi tutte le altre chicas locas, dislocate in ogni parte d’Italia, che sono state una presenza costante durante i miei anni universitari; infine Matteo, il mio fratellone mancato.



Grazie ai docenti e ai professori che durante la carriera scolastica mi hanno realmente insegnato qualcosa, e non mi riferisco a semplici nozioni imparate a memoria; grazie a chi mi ha incoraggiata a inseguire i miei sogni, e grazie anche a chi ha tentato di ostacolarmi in vario modo, perché mi ha resa più determinata.



Dulcis in fundo, grazie ai miei nonni, Vincenzo e Luigia, persone semplici e coraggiose, che attraverso la loro storia mi hanno insegnato il valore del lavoro e della costanza; grazie alla mia nonna Antonietta, il mio carro armato con gli occhi blu, per essere l’esempio vivente del fatto che dopo ogni difficoltà, grande o piccola che sia, ci si deve sempre rialzare, senza mai arrendersi. L’ultimo grazie va a nonno Orfeo, che oggi sarebbe orgoglioso di me; grazie per avermi fatto capire, a modo tuo, l’importanza dello studio e della cultura, ripetendo sempre quel proverbio che suonava come una filastrocca, “chi studia tanto impara poco, chi studia poco impara niente”: da bambina non gli davo molto peso, ora, invece, penso proprio di aver capito.


martedì 19 giugno 2012

Treni, porti e ricordi

Ho inaugurato la mia stagione di zingarate estive: sono reduce da un intenso week-end in Liguria, ospite di una mia carissima amica.
In due giorni ho fatto di tutto e di più, visitando un sacco di posti, dormendo poco e passando, come al solito, dal diavolo all'acquasanta...
Ormai va così, nei fine settimana mi devasto e poi sfrutto la settimana per riprendermi.

 (Si si, lo so... "Goditela ora che puoi", "Quando lavorerai rimpiangerai tutto questo"... Mi hanno già fatto un esauriente decalogo di frasi ad hoc! State tranquilli, sono perfettamente consapevole del fatto che è una pacchia momentanea e irripetibile, per cui ho tutta l'intenzione di godermi la mia ultima estate da studentessa!)

Coooomunque...
Venerdì mattina, mentre ero in treno diretta a Savona, ho costeggiato il porto di Genova, e sono stata assalita da una serie di ricordi... Mi sono tornate in mente le estati della mia infanzia-adolescenza, quando partivo con tutta la famiggghia alla volta della Sardegna, con la Volvo carica fino all'inverosimile di valigie, asciugamani, pinne, borse frigo, e la musica dei Gipsy King a tutto volume... L'arrivo al porto di Genova, con la conseguente coda per imbarcarsi sul traghetto, costituiva l'inizio semi-ufficiale della vacanza.
Per me quei momenti erano la gioia pura.
Nonostante il caldo di luglio, la puzza di porto (perchè sì, esiste una "puzza di porto"), la cena in macchina a base di panini stantii e le litigate immancabili coi miei fratelli, io ero dannatamente felice. E serena.
Poche altre volte ho provato una sensazione simile.

Quelle ore costituivano il preambolo a tre settimane di mare, sole, amici, libertà di orari e spostamenti, cosa non scontata per una ragazzina di città come me. Come dice una pubblicità di non-ricordo-cosa, il piacere più grande sta nell'attesa del piacere stesso... Ecco, per me era così, anche perchè poi le tre settimane passavano in fretta e prima che me ne rendessi conto era già ora di tornare a casa, tra lacrime, promesse di andare a trovare gli amici e scorte alimentari in grado di sfamare il Darfur intero.

Ecco, mentre ero in treno pensavo a tutte queste cose, sorridevo tra me e me, e mi chiedevo... "ma dove diavolo sarà finita la cassetta dei Gipsy King???".

lunedì 11 giugno 2012

Il diavolo e l'acquasanta

Un week end in bilico tra diavolo e acquasanta...
Dopotutto, io sono fatta così.
Milano Rugby Festival da un lato, con la sua pioggia torrenziale, la birra a fiumi, i personaggi folli, gli incontri che non ti aspetti e tanto, tanto divertimento; dall'altro il saluto a due persone che non ci sono più, la prima messa di Gari (ma forse ora dovrei iniziare a chiamarlo Don Andrea...), i compagni del liceo, un po' di sana commozione e tante riflessioni sul tempo che passa e sulla mia paura di crescere.

Sabato sera mi sono ritrovata sotto un tendone mentre fuori infuriava la bufera, a cantare e ballare circondata da rugbisti alticci (ma non troppo molesti...), indossando un cerchietto natalizio con le corna da renna e bevendo birra come se non ci fosse un domani... Poi, poche ore dopo, ero seduta in chiesa, vestita elegante, ad assistere all'inizio della nuova vita di Andrea, pensando a quando eravamo al liceo, invidiando il fatto che avesse ben chiaro cosa fare "da grande" e ammirandolo per il suo coraggio.
Sono incoerente? Non saprei, non credo... In entrambe le occasioni ero felice di esserci, di essere circondata da quelle persone, di comportarmi come ho fatto. Sono io, semplicemente.

A fare da collante in questo fine settimana schizofrenico e a tratti folle, gli amici. Tanti, conosciuti in luoghi e tempi diversi, ma tutti speciali ai miei occhi: le mie compagne di merende, birre, lucertole-coccodrilli e abbracci, i miei colleghi di pranzi di matrimonio-ma-non-proprio, di grandi discussioni e di "cerchiamo di vederci più spesso che mi siete mancati"...
Siete la mia salvezza!

In tutto ciò, ho capito di avere un problema coi fratelli. Mi spiego: Andrea a fine messa ha fatto i ringraziamenti di rito; premettendo il fatto che ultimamente ho la lacrima facile, ho resistito quando ha ringraziato i genitori, i nonni, gli amici, ma quando ha ringraziato sua sorella sono scoppiata a piangere senza dignità, incurante del trucco e dei 15 minuti buoni spesi quella mattina per restaurarmi e per avere un aspetto decente. E' sempre così, quando vedo due fratelli che si vogliono bene mi emoziono, no matter what. Sarà che sono platonicamente innamorata dei miei fratelloni e che capisco il legame che si crea...
O sarà semplicemente che sto diventando una frignona!

venerdì 8 giugno 2012

libri libri libri...


Oggi ho deciso di fare outing: ebbene sì, esco allo scoperto.
Io LEGGO.
Ecco.
Io sono uno di quei personaggi buffi e in via d'estinzione che girano per il mondo con un libro cartaceo in borsa e, pensate un po', lo leggo anche.
Non sono tipo da Kindle o I-Pad. A me piace proprio l'oggetto-libro, adoro sentire la superficie della carta sotto le dita e, lo confesso, ho la brutta abitudine di annusare i volumi appena comprati, proprio dove le pagine sono rilegate tra loro, per sentire quell'odore inconfondibile di inchiostro, colla e cellulosa.
Io i libri li vivo proprio, li sottolineo, li rileggo... A volte scrivo anche della annotazioni o dei miei pensieri negli spazi bianchi, perchè... perchè si, punto. Il problema è ricordarsi dove ho scritto cosa, nel caso qualcuno mi chieda in prestito un libro! I miei amici sanno già che non ho tutte le rotelle a posto, ok, però se posso evitare di peggiorare la mia condizione è meglio...

A volte mi è stato chiesto perchè leggessi, e in particolare perchè leggessi romanzi... Potrei iniziare lunghi e complessi discorsi sulla teoria della lettura, tirando in ballo psicologia, sociologia, persino economia; in realtà, restringendo il campo, la risposta è una, e semplice: leggo romanzi perchè mi permettono di vivere un'altra vita, di vedere il mondo con gli occhi di qualcun'altro, almeno per un po'. Ogni romanzo è un universo a sè, e ogni narratore o personaggio costituisce un punto di vista diverso e originale.
E' un'occasione unica, se ci pensate: per quanto una persona possa fare esperienze pazzesche, surreali, incredibili, non potrà mai essere qualcun'altro, se non, appunto, attraverso la mediazione di una storia narrata.
Certo, è un meccanismo che si potrebbe produrre anche attraverso i film, ma non è la stessa cosa. Un film dura due, tre ore al massimo, e durante la visione ci sono mille elementi che ci possono distrarre, ricordandoci dove siamo, con chi siamo, eccetera.
Un libro invece richiede più concentrazione e tempi lunghi, anche fatica, se vogliamo: leggere un libro è un investimento, a ben vedere. Se riusciamo, però, a lasciarci coinvolgere, ecco che si apre una porta su un piccolo grande mondo, totalmente nuovo.

Rubando una definizione coniata da qualcuno molto più intelligente e celebre di me, possiamo dire che si tratta di educazione sentimentale: provando a metterci "nei panni di" altri individui, diversi da noi per sesso, età, nazionalità, epoca, possiamo aspirare ad una visione sempre imperfetta, ma magari un po' più completa, di ciò che ci circonda. Possiamo persino riuscire a capire meglio i sentimenti e i pensieri delle persone che ci sono vicine, proprio perchè ci siamo allenati coi personaggi delle storie che abbiamo letto.

Leggere, inoltre, ci aiuta ad essere meno egocentrici, ne sono convinta. Se non impareremo ad immedesimarci con altri personaggi, reali o fittizi che siano, continueremo a pensare, sbagliando, che il mondo sia solo ed esclusivamente come lo vediamo noi; continueremo a ritenere di avere sempre ragione, e resteremo convinti del fatto che il nostro modo di vedere la vita sia l'unico possibile.

venerdì 1 giugno 2012

Papi, parco e rock'n'roll

Il week end di reclusione forzata è giunto, alfine... No, stavolta non è colpa della tesi da finire in fretta frettissima, nè dell'influenza, nè della maratona di Glee (prima o poi vi parlerò anche della mia dipendenza da telefilm, che sta assumendo toni patologici...).
Niente di tutto ciò. A 'sto giro si sta a casa per via del Papa, pensate un po'...
Ebbene sì, il Family Day è alle porte, e Milano e hinterlad sono sotto assedio (battuta cretina letta su Twitter: "Milano è blindata per l'arrivo del Papa, ma si teme che riuscirà ad entrare lo stesso"... a me che ho i neuroni in sciopero ha fatto ridere!).
Insomma, tra vie chiuse, blocchi totali del traffico, mezzi di superficie bloccati e misure di sicurezza varie non si capisce nulla. Ad esempio, io stasera in teoria dovre andare in macchina in zona Cadorna: ce la farò? Devo farmi fare il passaporto? Devo chiedere un permesso in triplice copia al Ministero dell'Interno e firmarlo col sangue? Bah, vi farò sapere... (domanda legittima: ma proprio stasera devi andare fin lì?! Eh, avete ragione anche voi.... -.-) 
Comunque... Il mega evento del Family Day si terrà a Bresso, dalle mie parti, in un piccolo aeroporto all'interno del Parco Nord meglio conosciuto come Campovolo (per la cronaca: quando ero al liceo, d'estate, mi è capitato spesso di andarci di notte, con gli amici, per bere-cazzeggiare-suonare la chitarra-fare gli scemi. Il livello di sorveglianza era pari a zero, c'erano buchi nelle recinzioni grossi come il tunnel del Gran Sasso e nessuno ci ha mai detto nulla... bei tempi!).

L'altro giorno, presa dalla smania di bruciare qualche caloria in vista della prova costume, ho tirato fuori la Vecchia Betsy (la mia bici) e sono andata a farmi un giro al parco ("giro" che alla fine mi ha condotto in viale Jenner ed è durato 3 ore, ma questa è un'altra storia...). Pedala che ti pedala, sono passata anche dal Campovolo: ragazzi, you have no idea. Hanno messo su un carrozzone immenso! C'è un mega palco con tanto di finte vetrate colorate (roba che i palchi dei concerti di Madonna, al confronto, sembrano quelli delle band del liscio alla Festa dell'unità di Imbersago), centinaia di bagni chimici a perdita d'occhio, postazioni bar, prefabbricati per i tecnici audio, per il pronto soccorso e per la sicurezza, e, dulcis in fundo, un impianto audio che ciao proprio....
Per vedere meglio i lavori ho fatto una cosa che volevo fare da anni... ho parcheggiato la bici, mi sono avvicinata alle transenne e mi sono piazzata tra due pensionati, assumendo la posizione standard: mani dietro la schiena, bacino in avanti, sguardo fisso e smorfia di disapprovazione. (Adoro. Ho capito che da grande voglio fare il pensionato. No, non la pensionata, perchè poi mi toccherebbe fare la pasta fatta in casa, organizzare la tombola in parrocchia e i corsi di acquagym: che sbatta. No no, io voglio proprio fare il pensionato, che guarda gli operai lavorare e si sposta da un cantiere all'altro con la graziella tutta scassata. Devo al più presto migliorare la mia dizione del dialetto..."Se fa minga inscì!")
Il fatto che ci fossero dei giovani pompieri a torso nudo che controllavano gli impianti non ha minimamente influenzato la mia decisione di fermarmi... no no...

Insomma, una roba mega-galattica, senza contare tutti i lavori "extra" che sono stati fatti, come riasfaltare le strade, creare dal nulla rotatorie e aiuole, piantare nuovi alberi... Tutte cose utili e belle per la città, per carità, ma bisogna aspettare il Papa per fare 'sti lavori??? Adesso per sistemare le voragini che ci sono per le strade dobbiamo aspettare una visita di Obama? O una delegazione degli alieni?  A me queste cose fanno salire un nervoso... Perchè se i cittadini chiedono delle migliorie si impiegano mesi per avviare le pratiche, e se invece c'è un evento come questo si smuovono mari e monti in poche settimane?? Che poi, se le strade sono disastrate il Papa manco se ne accorge, le sospensioni della mia macchina invece sì... (In tutto ciò, comunque, vorrei dire che a fine giugno arriva a Milano il Dalai Lama, e non se lo sta filando nessuno... Non solo, ma l'hanno spedito a Lampugnano al palazzetto: andò alla conferenza del 28 giugno, poi vi saprò dire com'è la situazione..)

Sono stati spesi fiumi di inchiostro per parlare dei costi di questo evento, per cui evito di soffermarmici anche io... Faccio solo notare due cose: la prima è che alle spese non corrisponderanno dei guadagni, visto che i negozi della zona dovranno rimanere chiusi, le pompe di benzina sono state svuotate da una settimana, non si terranno i mercati cittadini, eccetera eccetera.(Gli unici a guadagnarci, a quanto pare, saranno i vigili urbani di Milano, a cui daranno circa 600 euro per il solo week end di lavoro straordinario...Ai vigili di Sesto, Bresso e company invece no: poi uno non si deve incazzare...) La seconda è che le misure di sicurezza dovrebbero essere valutate con più criterio: le mie solite fonti attendibili mi hanno detto che sono stati sigillati migliaia di tombini e chiusini. E se piove? Qualcuno ha pensato al fatto che magari potrebbe esserci qualche problema? Magari Ratzy ce la fa, ma io ancora non sono capace di camminare sulle acque!

Insomma, con tutto 'sto casino spero solo che non ci siano problemi per le persone che parteciperanno all'evento... che almeno loro ne siano soddisfatti!
Io ho partecipato spesso a grandi eventi, concerti, partite, raduni scout  nazionali o altro... Sicuramente i cittadini dei luoghi che ci hanno ospitato si saranno lamentati per gli stessi identici motivi.  Il Family Day si può condividere o meno, così come si può essere cattolici o no, però pensiamo per un attimo a quando siamo noi dall'altra parte. Vi faccio un esempio, nel 2006 sono andata al concerto al Campovolo di Ligabue, è stato un evento immenso e Reggio Emilia è rimasta bloccata per un paio di giorni: io mi sono divertita un sacco, ma magari gli abitanti no...magari erano pure fan di Vasco, per dire... ;)
Oppure, quando ci sono le partite in casa del 6 Nazioni c'è mezza Roma nel caos... e non tutti seguono il rugby... O ancora, provate a chiedere a un newyorkese obeso e sport-repellente cosa succede nei giorni prima della maratona... Insomma, a volte le rotture di palle le subiamo (tipo in questi giorni), a volte, invece , la rottura di palle, inconsapevolmente, siamo noi!
E' una ruota che gira, armiamoci di calma zen e portiamo pazienza... dopotutto sono solo 3 giorni!

In tutto ciò ieri la mia mente turbata ha elaborato un'idea utopica: sarebbe figo sfruttare tutte le strutture già montate per organizzare un mega concertone, far pagare una cifra simbolica d'ingresso (7-8 euro) e inviare i soldi in Emilia. Il costo sarebbe più o meno zero, visto che l'impianto c'è già (e i tecnici sono già stati pagati), ci sono molti gruppi che suonerebbero aggggratis e i bressesi sono già nevrastenici, per cui non penso che un altro giorno di rompimento di palle gli cambierebbe la vita.
Sarebbe un bel "regalo" da parte di chi ha organizzato tutto ciò... non dico pagato, perchè fondamentalmente sono i nostri soldi delle tasse!
Insomma, io la butto lì... magari tra i lettori assidui della Zabetta c'è qualche sindaco o cardinale...

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Vi rimando a un articolo carino di 02 blog.it..10 cose da non fare a milano in questi giorni
detto ciò... a presto amici della bici!